Quando la storia non serve a niente Il professor Ainis ha riproposto sul Corriere della Sera lo stesso esempio storico fatto in diretta al tg3 la settimana scorsa. Persino i giacobini – ha detto e poi scritto - erano favorevoli all’immunità parlamentare, vogliamo essere più arretrati dei giacobini? Ci fa piacere che Ainis riproponga un episodio cruciale della vita democratica contemporanea, che coincide con l’inizio di un’epopea repubblicana senza precedenti, antichità romana o greca, incluse. La rivoluzione francese è l’unico esempio utile per comprendere il corso politico e costituzionale in Europa nei secoli successivi e se non le risposte, tutte le problematiche sono poste in nuce in quegli anni. Ainis ricorda il giacobinismo nel 1790, quando ancora il club non aveva subito scissioni ed epurazioni ed aveva alla sua guida liberali e monarchici costituzionali come Barnave, Mirabeau, Lafayette. Tre anni dopo gli artefici della rivoluzione, saranno proscritti o ghigliottinati ( Mirabaeu morì di cause naturali nell’aprile del 1791) e i nuovi capi del club, Robespierre, Saint Just, Couthon, mostreranno tutta un’altra tempra. L’inviolabilità dei rappresentanti della Nazione, verrà abrogata, la Convenzione sarà preda della truppa assemblata dalla Comune di Parigi, se volete, la peggiore canaglia rintracciata nei bassifondi della città, e ventidue deputati della Gironda arrestati e condannati. Poi altri settanta circa, fino all’arresto, processo ed esecuzione dei cordiglieri, da Hebert a Danton, nell’aprile del 1794. Per cui se dobbiamo trarre fino in fondo le conclusioni della parabola relativa all’immunità parlamentare, non si tratta tanto di dire che persino i giacobini l’avevano introdotta, quanto che quando i giacobini la tolsero iniziò la dittatura. Chiamiamo le cose per quello che sono, se vogliamo davvero renderci conto a che cosa stiamo andando incontro in materia costituzionale. Anche perché c’è un altro aspetto importante delle istituzioni repubblicane che trova precedenti nella Grande rivoluzione, come ovvio e di cui pure Ainis, non ci parla. La Costituente del 1789 non vuole il Senato. Sieyés convince facilmente l’Assemblea che trattavasi di istituzione tipica dell’aristocrazia, vedi l’Inghilterra. Se si fosse creata una seconda Camera in Francia, inevitabilmente questa si sarebbe trasformata in un covo di reazionari. I giacobini sono contro il bicameralismo perfetto, dunque, anche quando erano favorevoli all’immunità. Solo che dopo aver visto la Convenzione preda delle orde dei club armati di picche, ed il depauperamento della stessa per più della metà degli eletti sotto i decreti del Comitato di Salute pubblica e il Comitato di Sicurezza Generale, Sieyès, sopravvissuto ingegnosamente a quella carneficina, una volta caduto Robespierre e la sua fazione, propone l’istituzione di una camera alta. Il Senato, quindi, per i rivoluzionari francesi usciti dalla dittatura diviene una condizione di garanzia indispensabile per il bilanciamento dei poteri. Mettete insieme tutti gli elementi dell’esperienza istituzionale rivoluzionaria di due secoli fa e vi orienterete facilmente su quale situazione stiamo inconsciamente e superficialmente delineando oggi in Italia. Possiamo dire che la storia non è servita a niente. Roma, 30 giugno 2014 |